venerdì 25 febbraio 2011

I tortelli della Nonna

Ricapitoliamo

Iscrizione alla Maratona. Fatto
Prenotazione del volo andata e ritorno. Fatto
Abboccamento alla minchiata annulla la CO2 prodotta viaggiando. Abboccato
Dare notizia ai parenti Romani che ti ospiteranno. Fatto
Perdere 4 chili prima della Maratona. Fatto, poi sfatto, adesso ci riprovo.
Allenamento costante e programmato. Zero

Pettorale 12706.
Anzi, semplicemente 12706, niente formalismi per carità.
Adesso, e per un mesetto circa, il numero di pettorale sarà ciò in cui mi identificherò. Sono diventato un numero e me ne vanto.
"Ciao 12171!" "Uè 12706!! Allora, Fratello? Come vanno gli allenamenti?". Ecco, un po' Banda Bassotti alla conquista del Deposito. Il processo di identificazione è cosa seria. Richiede sforzo costante di immaginazione. Lo scopo è arrivare pre-disposti alla Maratona e già immersi nel suo spirito. Serve a rendere reale l'evento prima del suo terreno verificarsi, e a non trovarsi eccessivamente spaesati quando sarà il momento.
Lo si attua per mezzo di stratagemmi sottilissimi e molto astuti. Ad esempio appendendo la stampa in formato gigante della lettera di assegnazione del numero di fianco alla scrivania. La guardi e mantricamente ripeti in modo ossessivo il numero sino alla completa fusione cerebrale. Accanto ho appeso la prenotazione del volo. Ho poi deciso di accostarvi i numeri di pettorale delle mezze maratone fatte e gli itinerari degli allenamenti più lunghi.
Così, per darmi una storia, una sorta di background che renda la Maratona non un gesto di pura follia, ma il punto di arrivo di un percorso di crescita.

Il percorso di crescita mi ha portato, ieri sera, in una palestra, in via Piranesi.
Sono stati i primi venti minuti di corsa da una settimana a questa parte. Contento oggi di non soffrire post traumi eccessivi, ho in programma un'oretta di corsa domani.
Questo fatto di programmare la corsa a tempo anziché a distanza è una sconfitta. Vuol dire che qualsiasi pianificazione è saltata. Si esce tanto per non perdere del tutto l'allenamento, non per migliorare. Che schifezza!
Purtroppo non c'è alternativa.
In compenso oggi a pranzo ho divorato circa 500 grammi di fiorentina. Il tutto innaffiato con un buon litro di vino grezzo della casa, caffè, e Jagermeister.
Perché? Non lo so perché.

Lancio sin da oggi la sfida a chi indovinerà il tempo in cui finirò la Maratona.
La questione è intrigante, perché la finestra di tempo è davvero ampia. Non si tratta di questione di minuti. Tra il tempo minimo, che fisso in 4 ore e un quarto, e il tempo massimo, che stimo in 6 ore, c'è di che sbizzarrirsi.
Se trovo un punto di ristoro particolarmente accogliente, potrei anche fermarmi un'oretta a farmi una briscola.
Si vince un'intervista davanti a un piatto di tortelli di zucca e Lambrusco. I tortelli sono fatti in casa.

Ricetta della Nonna

mercoledì 23 febbraio 2011

Jack Torrance

E' tornato il terzo Piovono Runners, Nizza. Ecco il post che segna il suo ritorno alle scene:

È difficile essere costanti, serve una grande forza d’animo e anche un po’ di fortuna che ti aiuta a rispettare gli impegni che ti sei prefissato, e io ultimamente non sono stato molto fortunato, ho evidentemente girato la carta della luna nera.

Tre settimane fa ci si è messo per primo il ginocchio che dopo un paio di giorni in cui invano ha cercato di attirare la mia attenzione, in totale autonomia ha deciso di bloccarsi, ma non durante una formidabile sessione di allenamento, bensì sulle rampe delle scale dell’ufficio.

Successivamente è arrivata l’influenza con febbrone da cavallo che mi ha costretto a casa in una clausura forzata dove il massimo degli spostamenti che facevo partivano dal letto fino al divano. Ho cercato su googlemaps di pianificare il tragitto e postarlo ma non l’ho trovato. I giorni successivi sono stati di ripresa, e nonostante smaniassi dalla voglia di testare un’ applicazione da runner per il telefonino che fa da gps e pianificatore di percorsi di allenamenti, ho fatto il bravo e sono stato schiscio.

Ma ieri?

Ieri era MARTEDI’, e voi tutti sapete cosa vuol dire vero?

Si esatto ieri ho potuto reindossare le mie peppe da runner e in perfetto stile Clarenzio, ho ricominciato a zampettare. Poca roba, 4 km in 30 minuti, ma è stato bellissimo, come è stato bellissimo svegliarsi con qualche dolorino muscolare che sta a indicare il risveglio di polpacci, che tra l’altro stanno crescendo sempre più ma ne parlerò in un altro post.

Prendendo le in prestito le parole di Jack Torrance: “ Ciao Piovono Runners! Sono tornato!!!”

dodicimilacentosettantuno

Dopo essersi abituati alla gloria del pettorale numero 72 (Mezza Maratona di San Gaudenzio), essere ricacciati indietro al 12171 può risultare traumatico. Ci si può sentire retrocessi con disonore, come una qualsiasi Juventus beccata a barare.
Di questi tempi però, con La Crisi che incombe, ricevere la lettera di conferma ufficiale, conoscere quel numero che è solo tuo e ti identifica e sentirti ormai definitivamente un piccolo ma indispensabile elemento dell'evento sono tre accadimenti che restituiscono movimento al mio orgoglio e alla mia voglia di esserci.
Immaginatevi il dodicimilacentosettanta e il dodicimilacentosettantadue senza di me in mezzo. L'armonia di tutta l'organizzazione andrebbe a puttane e i numeri primi tornerebbero a soffrire di solitudine.
Sospinto da ritrovata pitagorica baldanza - ho un debole per gli incipit enfatici da cinegiornale - ho deciso di mettere da parte ogni timore. E anche le considerazioni logistiche: la Maratona di Roma parte sotto al Colosseo. Bello. I keniani e qualche atleta di punta italiano partiranno effettivamente all'ombra dell'Anfiteatro. I maratoneti di buon livello che verranno posizionati poco dietro i top runner ne godranno un'ottima vista. I medio podisti potranno comunque accarezzarlo con lo sguardo, da un po' più indietro, e trarne una sensazione corroborante. Più in giù nel serpentone, tra i pettorali numero 8000 e 10000, qualcuno più alto della media probabilmente potrà ancora spizzare le rovine con lo sguardo, tendendo il collo. Io e Carlo, che ha un dodicimila di pettorale anche più alto del mio, probabilmente partiremo dal Grande Raccordo Anulare. Allo sparo ci incammineremo e, arrivati alla linea di partenza sotto il Colosseo, saremo già stanchi e qualcuno dei keniani ci avrà già doppiato.

Notizie sparse:
  • Ieri abbiamo conquistato anche il Canada. Ora l'emisfero settentrionale è stato quasi totalmente conquistato dai nostri click. Di grosso e appariscente ci mancano solo il Messico e la Cina. Gli amici dell'emisfero sud invece devono impegnarsi di più, cribbio. Aggiornata la pagina Emigrunners.
  • I nostri Piovono Runners Junior, Matteo&Matteo, sono carichissimi. Soprattutto Coppola, il vecchio custode della scuola, è nel pieno di un'attività podistica forsennata per arrivare in forma alla staffetta dell'11 aprile. Nizza invece, figuratevi un po', sta persino millantando di fare la Stramilano il 27 marzo...
  • Tra poco aprirò il sondaggio per votare il tempo che farò alla Maratona di Roma. Vi voglio cattivi e competenti, pronti a stimolarmi e anche a sfottermi..

Una crisi è tutt’altro che folle, è un eccesso di lucidità

Quando arriva una crisi riaffiorano

alcuni ricordi che credevo persi

cosa penso di me, cosa voglio da te,
dove sono, cosa sono e perché?

Non si tratta di un proverbio cinese. E neanche di una massima buddista. E ancor meno di una poesia di Neruda. Questi erano i Bluvertigo, tanti anni fa. Anticipatori di quello che oggi sarebbe successo ai nostri eroi. Parlano di crisi interiore, ma anche quasi fisica. Di una somatizzazione dei dubbi che assalgono la mente e che si riversano nei muscoli, nei legamenti, impendendo al corpo e al cervello di proseguire. Ma poi, poco dopo, si rispondevano da soli a quella domanda esistenziale:

sono come sono
sono cosa sono
sono come sono

Perché quasi tutto dipende dall’essere come si è. E non è diverso per quanto riguarda la decisione di correre. La voglia di competizione e quella di scaricare la tensione, il desiderio di rimanere in forma e quello di sentirsi bene, sono tutti pensieri personali che influenzano la scelta. Così come il voler condividere qualcosa di forte, nuovo, divertente e soddisfacente con un proprio amico.

Perché la corsa è allo stesso tempo solitaria e sociale. Forse è l’unico sport ad esserlo. Di base si corre da soli, anche quando si è in due o tre per la strada, perché dopo i primi chilometri non c’è certo la voglia di far grandi discorsi. Ma è un’esperienza che si condivide, anche quando si è da soli ad affrontarla, perché anche solo un cenno di saluto con la testa allo sconosciuto che arriva in direzione opposta fa sentire parte di qualcosa.

La corsa permette quindi di concentrarsi su se stessi, su ciò che circonda, su quel che è successo il giorno prima al lavoro… E, allo stesso tempo, improvvisamente catapulta nel limbo del sovrappensiero. Stato in cui ci si accorge di essere piombati solo quando torna la coscienza.

E qui, tornano in aiuto i Bluvertigo.

Sovrappensiero ti guardi vivere e ti incammini
puoi fare tante cose contemporaneamente

raggiungi alti livelli di concentrazione
[…]
sovrappensiero è arrivata una primavera
[…]
c'è almeno una strada che si fa sovrappensiero

[…]
tutte le ossessioni sovrappensiero


La corsa è dunque bella, realizzante, scatena pensieri, fa sì che con la mente si analizzino situazioni, sentimenti, fa tornare tutto più chiaro e fa in modo che ci si perda nell’immaginazione, fa sognare. Fa essere eroi, agli occhi degli altri.


E allora anche quando l’unica cosa che vi viene in mente, eroi, è “Iodio quando mi sento esasperato” (Bluvertigo, arimò), ricordatevi che state correndo per far felici voi stessi, ma anche tutti noi.

E se anche questo non basta, beh, rimane l’Assenzio.

martedì 22 febbraio 2011

Mai incrociare i flussi

Questi sono gli ultimi chilometri di corsa prima dell'infortunio:
Il luogo del misfatto

L'infausto evento è occorso in prossimità del pallino rosa.

Ora aspetto di poter riprendere gli allenamenti e nel frattempo cerco di non perdere i risultati raggiunti sinora.
Questa sera, ad esempio andrò in palestra. Per fare gli esercizi che mi ha consigliato l'ortopedico. Quello che mi aveva chiesto se volevo guarire dal dolore al ginocchio o correre la maratona.

Sarà serata di leg press, squat e blandissima ciclette, tanto per far capire ai muscoli delle gambe che se non si riafflosciano immediatamente è meglio.

Per pura curiosità, vi mostro il luogo ove era avvenuto il precedente infortunio:

I più attenti noteranno che il luogo è quasi esattamente lo stesso!

Qualcosa mi dice che i giardini che fiancheggiano via Mario Pagano non mi sono propriamente amici.

Non avevo fatto caso alla ricorrenza sino a pochi istanti fa, quando ho caricato l'immagine. Un interruttore si è chiuso e sono andato a controllare lo storico dei miei allenamenti. Ed esattamente in data 23 settembre mi trovavo più o meno nello stesso punto dove mi sono fatto male anche l'altro giorno.

Saremo forse sull'orlo di una quadriconvergenza di energie negative?


Mi piacerebbe chiedere a Egon di stimare la magnitudine del plumcake menasfiga che deve necessariamente esistere nel sottosuolo di quel parchetto maledetto.

Nel frattempo torno a lavorare, che è meglio

lunedì 21 febbraio 2011

La Crisi

La crisi è un passaggio rituale, forse purificatorio e rigenerante, chissà. Sta di fatto che mi aspettavo di sbattere contro il suo muro verso il 30° km della Maratona, come in tanti mi hanno raccontato, per riemergerne più forte e chiudere la gara sull'onda dell'entusiasmo.
Invece l'ho incontrata ieri, in una grigia e piovosa domenica di febbraio durante l'abituale allenamento lungo del weekend. Ieri nemmeno troppo lungo, 24 km.
Non è stata una crisi fisica. Si è trattato di un lungo, spaventoso e desertico vuoto di motivazioni, che forse fa ancora più paura. Ancora oggi ne sento addosso gli strascichi, come un'eco fastidiosa.
Il problema è che ho pericolosamente aperto il vaso di Pandora delle ragioni razionali, fino ad ora rimasto lucchettato a tripla mandata sotto uno spesso strato di entusiasmo podistico.
Perchè lo sto facendo?
Chi me lo fa fare?
Perchè da tre mesi prendo pioggia e freddo tutte le sante domeniche?
Perchè devo tornare a casa con le gambe dolenti e una stanchezza atavica?
Perchè lascio la bionda al caldo sotto le coperte per condividere due o più ore con personaggi solitari, corrucciati e sudati come me?
Ma non ci sono tante belle Mezze Maratone che potrei preparare e correre con un allenamento molto più blando?
Chi è stato quel genio che ha scelto di correre la Maratona di Roma, che ha deciso di prepararla con una tabella di sedici settimane e che quindi ha fatto coincidere il periodo di allenamento ESATTAMENTE con lo scorrere integrale della stagione invernale, festività comprese?
Quest'ultima domanda portava alla risposta più facile e quindi più dolorosa: io.

Insomma, sarà che arrivavo da una settimana semi influenzale, sarà che il peso delle dodici settimane di allenamento già trascorse si fa sentire, sarà che ieri il Naviglio era senz'acqua e specchiare i propri dubbi esistenziali in un fondo di copertoni squarciati e pesci morti è triste anche se sei ottimista come Tonino Guerra appena uscito dall'Unieuro.
Sarà che tutta l'acqua che mancava nel Naviglio me la sono presa in testa, fottuta pioggia.
Sarà tutto questo, ma ieri la mia voglia era scesa sotto i tacchi.
Sì, corro con i tacchi, e allora?

Vabbè. Sta di fatto che oggi non vedo l'ora di correre quella maledetta Maratona. Come sempre. Però questa volta ho fretta di arrivare a correrla spinto da una gamma di sensazioni e motivazioni molto più variegata. Non solo l'emozione dell'esordio, la bellezza dell'obiettivo da portare a casa, la sfida con me stesso. Quelle ci sono sempre state e ci sono ancora. Ma anche per porre fine a questa stanchezza cumulata, per ritrovare per un po'il piacere della corsa fine a se stessa, senza tabelle, e perchè il giorno dopo l'impresa di Roma, 20 marzo, inizierà la primavera e mai come questa volta ci vedo del simbolismo.

E il giorno dopo ancora sarà il compleanno della Bionda, tra l'altro. La domenica mattina successiva rimarrò nel letto con lei, come regalo.
Regalo per me, ovvio.

Senza passare dal Via!

Ho pescato la carta Imprevisti.

Domenica scorsa ho corso 25 chilometri, poi in settimana ho corso di nuovo mercoledì, dopo due giorni di riposo, ho programmato un'uscita breve venerdì mattina, una mezza maratona per questa domenica, e poi altri due allenamenti infrasettimanali prima del lungo da 30 chilometri per la prossima domenica.

Un tabella ottima, direi, con l'obbiettivo di tornare a correre mediamente un chilometro ogni 5 minuti. Fisicamente stavo tornando a sentirmi bene. Gambe toniche. Leggere ed elastiche per almeno una dozzina di chilometri. E poi, soprattutto, stavo ritrovando la gioia equina di lasciar correre senza preoccupazioni le gambe e sentirle andare e andare e andare. Tutte le volte che mi succede penso ai cavalli, alle loro possenti zampe, alla forza prepotente e continua che sanno esprimere.
Il sorriso che si allarga mentre sudi, la felicità del corpo che si muove, la libertà di correre senza preoccupazioni e senza condizionamenti.

E poi peschi lei: "Mentre felice corri per Parco Sempione, all'improvviso l'adduttore della gamba destra salta e inizi a zoppicare. Finisci direttamente a letto convalescente senza passare dal Via!"

Il ritorno mesto verso casa. Con pensieri cumulonembiformi intorno al capo. La paura di essermi fatto male. La speranza che non sia nulla di che. La voglia di portare a termine l'impresa con Cristiano. Le tante gare già immaginate e ora a rischio.
Forse ho le gambe deboli. Fino a un certo punto mi seguono, poi cedono. Era già successo dopo la Mezza di Monza, a settembre. Stavo iniziando a spingere, a tentare di abbassare i tempi al chilometro a livelli interessanti e... TRACK! polpaccio destro fuori uso per un mese e mezzo.

Spero, anzi, sento che questo infortunio è meno grave. Però tre giorni di riposo non sono bastati. E domani non andrò sicuramente a correre. Chissà. Spero di riprendere gli allenamenti entro fine settimana. Ma è un nuovo ritardo che si accumula.

Ho ripreso i cerottoni, quelli che autoaderiscono a loro stessi. Non zoppico, ma scendere le scale fa contrarre dolorosamente i muscoli e a fine giornata sono decisamente rigido.
Ho tanta, tanta voglia di correre che rimane chiusa, inespressa. Tensione che si accumula e non sfoga.

Maledette gambe che non vogliono seguirmi. Maledetti pensieri che vogliono ciò che non posso.

Fino al prossimo lancio di dadi